Depressione Maggiore

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DEPRESSIONE MAGGIORE

 

La Depressione Maggiore colpisce un numero molto elevato di persone ogni anno, molto più rilevante di quanto si immagini.

Si tratta di una malattia sottostimata, che raramente arriva a ricevere una diagnosi tempestiva e corretta, fondamentale per impostare una terapia adeguata e risolutiva.

La maggior parte delle persone che ne soffrono procrastinano la richiesta di aiuto specialistico incorrendo in gravi sofferenze e compromissioni della loro vita personale e lavorativa che, con una buona cura, poterebbero essere evitate.

Questa malattia colpisce con maggiore frequenza il sesso femminile.

Le donne sono più esposte a sviluppare Depressione per il ruolo svolto dalle fluttuazioni ormonali, a partire dal menarca fino alla fine del ciclo mestruale, con la menopausa.

Gli ormoni hanno importanti interazioni e connessioni con l’Asse Psico-Neuro Immuno-Endocrino, la cui disregolazione può portare alla comparsa di sintomi anche della sfera psichica.

Ne sono esempi noti a tutti la possibilità di forme nel periodo post-partum e dopo la menopausa.

La Depressione è una patologia organica determinata cioè da disfunzioni dell’assetto dei neurotrasmettitori cerebrali e come tale va trattata anche con l’utilizzo di farmaci, distinguendo con competenza e attenzione le situazioni che invece sono caratterizzate da sentimenti di tristezza e demoralizzazione legati a fattori emotivi ed ambientali. In quei casi, infatti, l’approccio più corretto non è quello farmacologico ma quello psicoterapeutico.

Questo discrimine viene fatto dal clinico specialista psichiatra proprio attraverso il colloquio clinico che si basa sull’ascolto delle notizie fornite dal paziente ma anche su tanti altri fattori e valutazioni che soltanto nell’incontro diretto il medico psichiatra può osservare e valutare.

La Depressione compromette gravemente la qualità di vita ma può anche influire sulla durata della vita: molti studi indicano chiaramente una correlazione tra stati depressivi non trattati adeguatamente e longevità.

 

Come abbiamo detto in precedenza, la diagnosi di Depressione viene spesso sottostimata o comunque ritardata nel tempo.

In questo senso devono ancora essere superati fattori culturali erronei. Per molte persone la depressione rappresenta tutt’oggi una patologia di cui vergognarsi accompagnata da sentimenti di autosvalutazione e di colpa.

Questi pazienti si sentono giudicati come persone fragili e più vulnerabili, in una società che inneggia alla performance in tutti i campi e al raggiungimento del benessere fisico e psichico senza evidenziare l’umana imperfezione.

Questo fatto va totalmente sfatato e spesso durante il colloquio con il paziente e con i suoi famigliari è importante aiutarli a capire che la Depressione come malattia clinica è legata a processi biologici alterati che non sono sotto il controllo della nostra razionalità o della nostra capacità di farvi fronte.

Inoltre uno dei sintomi tipici della Depressione è la sua influenza negativa sulle capacità di prendere decisioni e la riduzione della capacità di iniziativa, sintomi che insieme al ritiro sociale, portano ad un ritardo con cui il paziente trova la forza e il coraggio di rivolgersi al medico.

Ritardare il momento della diagnosi significa purtroppo avere una prognosi di guarigione totale meno certa.

 

Quali sono i sintomi e i segni a cui prestare attenzione

 

Innanzitutto la Depressione è caratterizzata da sintomi che riguardano il tono dell’umore e la perdita di piacere verso tutto quelle esperienze e attività che normalmente interessano e sono considerate piacevoli (anedonia).

A queste si aggiungono alterazioni del sonno e dell’appetito, più frequentemente come riduzione ma in rari casi può anche manifestarsi ipersonnia, sia diurna che notturna, e aumento dell’appetito.

Un altro sintomo caratteristico è il rallentamento psico-motorio e l’abulia, cioè la mancanza di volontà e di iniziativa e la difficoltà a prendere decisioni.

Molto importanti e debilitanti sono i sintomi cognitivi, cioè la riduzione di attenzione, concentrazione e memoria che spesso spaventano molto i pazienti che vengono alla visita perché si accorgono di essere meno efficienti nelle loro funzioni lavorative.

Spesso è presente una profonda astenia e comunque una sensazione di facile faticabilità e di sonno non riposante.

È frequente il calo della libido e il ritiro sociale.

Tutti questi sintomi vanno attentamente valutati dal clinico, sia per quanto riguarda la loro intensità e l’impatto che hanno sul funzionamento pre-morboso del paziente, sia per quanto concerne la loro durata nel tempo. Anche questi parametri di gravità e durata sono importanti per porre diagnosi corretta di Episodio Depressivo.

È molto importante monitorare il miglioramento dei sintomi nelle diverse fasi della terapia e accertarsi della loro completa remissione. 

Il rischio, infatti, è che rimangano sintomi ad un livello sottosoglia, cioè meno intensi e disturbanti ma non del tutto risolti. Questo, oltre ad influire negativamente sulla qualità di vita del paziente favorisce la possibilità di ricadute depressive.

Una terapia corretta deve quindi essere gestita dal medico psichiatra sia per quanto riguarda il dosaggio del farmaco che il tempo corretto di assunzione, al fine di ottenere la completa remissione del quadro psicopatologico e il pieno recupero dei livelli di funzionamento che il paziente aveva prima di sviluppare la malattia, secondo il concetto di Full Recovery Fuctioning, cioè della piena e totale guarigione.

 

Come scegliere la terapia corretta

 

Il principio generale da seguire è quello di valutare il tipo di molecola antidepressiva adatta al singolo paziente, costruendo quindi una terapia personalizzata e mirata.

In questi anni è aumentata la disponibilità di molecole che hanno dimostrato efficacia, tollerabilità e sicurezza, cioè le tre caratteristiche fondamentali di un farmaco che il clinico deve conoscere per impostare percorsi di cura che siano il più possibile personalizzati, cioè specifici per il quadro clinico e per le esigenze e le caratteristiche del singolo paziente, tenendo anche presente le interazioni con eventuali altre terapia che sta assumendo.

La terapia della Depressione consta di un primo momento che deve risolvere la fase acuta del quadro clinico e che deve avere una durata che va ben oltre la risoluzione dei sintomi.

Se il miglioramento può essere presente già dopo 3 o 4 settimane e la remissione poco dopo, il trattamento deve durare circa 9/ 12 mesi e deve poi essere seguito da una fase di mantenimento a dosaggio più basso.

L’ inizio del periodo di mantenimento va stabilito in accordo con il medico che deve valutare diversi fattori prima di ridurre la terapia farmacologica ed è indispensabile per evitare nuovi episodi e ricadute.

La durata del periodo di mantenimento dipende anche dal quadro psicopatologico e soprattutto dalla storia clinica del paziente cioè dal fatto che abbia avuto o meno in passato altri episodi depressivi. Dopo il secondo episodio sono consigliati almeno tre anni mentre dopo il terzo episodio depressivo si può arrivare fino a cinque anni di cura di mantenimento.

 

Concludendo, possiamo affermare che la Depressione, se diagnosticata in modo corretto e tempestivo e se trattata con il farmaco corretto e per il periodo giusto di assunzione, è ad oggi una patologia che può essere curata con successo, evitando che si cronicizzi o che porti a forme di autocura inefficaci e dannose come l’abuso di alcol, droghe o di farmaci su autoprescrizione.

 

La dott.ssa Cristina Selvi, Psichiatra e Psicoterapeuta, si occupa di PsichiatriaPsicoterapiaOmotossicologia a Milano presso lo Studio Psichiatria Integrata in piazza Gorini 6.

Cristina Selvi

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