Terapia farmacologica dei Disturbi dell’Umore

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Terapia farmacologica dei Disturbi dell’Umore

 

Secondo la più recente classificazione dell’American Psychiatric Association, i Disturbi dell’Umore sono numerosi e tutti insieme rappresentano oramai una grave emergenza per l’effetto che hanno non soltanto sul singolo individuo ma sulla collettività intera.

Sono infatti causa di ingente spesa pubblica, sia per i costi diretti delle terapie, farmacologiche e non, sia per il grande tasso di assenteismo che causano.

È importante chiarificare che queste patologie se non trattate o non trattate adeguatamente causano un impatto notevole sulla qualità della vita dei pazienti e dei loro famigliari, sul loro funzionamento lavorativo e sociale. Al contrario un Disturbo dell’Umore trattato precocemente e in modo corretto è nella maggioranza dei casi compatibile con una vita normale, sia sul piano personale che professionale.

 

Quali sono i Disturbi dell’Umore?

La Depressione Maggiore caratterizzata da episodi singoli o ricorrenti di polarità depressiva, spesso non legati ad alcun evento di vita negativo.

La Distimia o Disturbo Depressivo Persistente in cui l’umore è cronicamente basso per un periodo di almeno due anni, con sintomatologia più sfumata rispetto ad un Episodio Depressivo.

Il Disturbo Disforico Premestruale in cui i sintomi fisici e psichici compaiono nei giorni precedenti al ciclo e regrediscono alla comparsa delle mestruazioni.

Il Disturbo Ciclitimico la cui durata deve essere di almeno 2 anni e in cui vi sono alternanza di fasi depressive e ipomaniacali con sintomi sfumati e non gravi, definiti “sottosoglia”. Per quanto i sintomi siano più lievi questa forma è causa di importante sofferenza per il paziente.

Il Disturbo Bipolare, sia di tipo I che di tipo II, caratterizzati da alternanza di fasi depressive e fasi di umore euforico o disforico, cioè irritabile, e fasi di eutimia (lo stato di equilibrio del tono affettivo o tono dell’umore).

Il disturbo Bipolare I può essere complicato da sintomatologia psicotica soprattutto a carico del pensiero e del comportamento.

 

Come scegliere la cura più adatta?

La scelta della molecola più adatta dipende da alcune considerazioni cliniche che devono essere valutate dallo specialista.

Tra queste il tipo e gravità del disturbo, la presenza di ansia o la prevalenza di calo del tono dell’umore, anedonia e rallentamento psico-motorio, l’età del paziente e l’assunzione di altre terapie, la presenza di insonnia e ovviamente la valutazione della risposta clinica e degli effetti collaterali.

Bisogna sempre avvisare il paziente che sarà necessario un periodo di latenza prima di percepire gli affetti positivi e per modulare il dosaggio della terapia secondo necessità, in modo che il paziente si senta motivato a proseguire l’assunzione della cura anche nei momenti più difficili, in cui ancora non percepisce il beneficio sui sintomi ed è esposto agli iniziali possibili effetti collaterali.

È molto importante che la terapia sia monitorata dallo psichiatra per garantire efficacia e sicurezza; un quadro depressivo non del tutto risolto può causare una ricaduta anche sotto terapia, per questo è davvero importante programmare le visite di controllo. Inoltre è essenziale che il paziente venga istruito a non sospendere la terapia alla risoluzione dei sintomi per il pericolo di recidive.

Il trattamento di queste forme cliniche richiede spesso l’associazione di più farmaci, questo soprattutto nelle fasi acute e all’inizio della terapia quando il paziente giunge all’osservazione del medico.

Il principio generale è comunque quello di modulare la terapia nel tempo, via via che il quadro clinico migliora o si modifica, cercando di ridurre al minimo il numero di farmaci assunti e i dosaggi prescritti.

L’obiettivo della terapia è sicuramente quello di risolvere la fase acuta ma soprattutto di prevenire futuri episodi valutando la necessità di un trattamento a lungo termine di mantenimento.

Questo perché è stato ormai accertato che maggiore è il numero di episodi di malattia maggiore sarà la probabilità di andare incontro a ricadute, inoltre l’evoluzione naturale della malattia fa sì che le ricadute nel tempo mostrino una sintomatologia sempre più marcata e grave.

 

Quali farmaci abbiamo a disposizione per il trattamento dei Disturbi dell’Umore?

Innanzitutto dobbiamo riconoscere la straordinaria efficacia dei farmaci antidepressivi.

Quelli di ultima generazione chiamati SSRI (Inibitori della Ricaptazione della Serotonina) hanno modificato in maniera sostanziale la prognosi di questi pazienti.

Sono farmaci molto efficaci e altrettanto maneggevoli, hanno un profilo di effetti collaterali contenuto e possono anche essere assunti per lunghi periodi senza particolari problemi.

Il medico psichiatra saprà scegliere quello più adatto al singolo paziente e al tipo di quadro clinico presentato.

Durante il trattamento possono essere richiesti alcuni esami di controllo come l’elettrocardiogramma e alcuni esami ematici, generalmente una volta all’anno.

Possono essere assunti in concomitanza con altre terapia senza particolari limitazioni, da valutare comunque di volta in volta da parte dello specialista.

Gli SSRI sono  farmaci con azione antidepressiva e di controllo dell’ansia, perciò sono oramai anche di prima scelta per il trattamento dei Disturbi d’Ansia.

Sono molecole diverse con un profilo specifico che agiscono sui neurotrasmettitori cerebrali, soprattutto serotonina, dopamina, noradrenalina e istamina e, a seconda della loro specificità possono avere una azione più ansiolitica e sedativa come ad esempio la Mirtazapina, la Paroxetina e la Fluvoxamina o più attivante come la Fluoxetina o la Venlafaxina.

L’efficacia di questi farmaci si osserva di solito nel giro di 2-3 settimane e gli effetti collaterali più frequenti, come la nausea o l’insonnia, tendono a sparire in queste prime settimane.

Altri effetti collaterali purtroppo sono generalmente più costanti e riguardano soprattutto la libido e il peso, variabili a seconda del tipo di molecola scelta.

La terapia di un Episodio Depressivo deve durare alcuni mesi dopo la risoluzione del quadro clinico, circa 6/8 mesi, poi va completata con un periodo di terapia di mantenimento a dosaggio più basso.

Questo è un periodo delicato per il rischio di ricaduta e anche perché il paziente sentendosi bene spesso non assume farmaci o non li assume nel modo indicato, per questo è molto importante motivare il paziente a fare controlli costanti, almeno ogni due mesi a prescindere da come si sente, fino al momento in cui sarà possibile sospendere completamente la terapia.

Per ottenere questo scopo è sempre utile spiegare bene ai pazienti il decorso della malattia, il decorso della terapia e, attraverso una buona alleanza terapeutica e una buona psico-educazione, il paziente deve essere in grado di riconoscere l’eventuale ricomparsa di sintomi che denotano una ricaduta e chiedere subito aiuto al medico di fiducia.

Molti studi hanno confermato che questi farmaci possono essere assunti anche in gravidanza se la gravità del quadro clinico depressivo lo richiede, può essere infatti molto più dannosa per lo sviluppo del feto una forma depressiva importante che l’utilizzo di questi farmaci.

Esistono in commercio altri tipi di antidepressivi che però risultano di seconda scelta e ormai vengono utilizzati molto poco, a volte a bassissimo dosaggio soprattutto per favorire il sonno notturno. Tra questi l’Amitriptilina, un antidepressivo Triciclico di vecchia generazione, o il Trazodone che hanno un potente effetto sedativo e vengono utilizzati nelle depressioni con insonnia in somministrazione serale.

 

Più recentemente è stato introdotto un nuovo antidepressivo che si chiama Vortioxetina approvato per la Depressione Maggiore che avrebbe il vantaggio di agire in un periodo più breve rispetto alla finestra di 15 giorni tipica degli antidepressivi e di avere meno effetti collaterali sul peso o sulla sfera sessuale.

Altre classi di farmaci che si utilizzano nei Disturbi dell’Umore sono gli Stabilizzatori del tono dell’umore.

Questi farmaci devono essere presi in considerazione quando siamo di fronte a un Disturbo Bipolare. L’obiettivo terapeutico è quello di ridurre o eliminare completamente sia le fasi depressive sia le fasi di euforia o di disforia.

Questi farmaci appartengono alla classe degli anticonvulsivanti (antiepilettici) come il Valproato, la Carbamazepina, la Lamotrigina e altre molecole dotate di queste potenzialità.

Hanno inoltre la facoltà di agire nella fase acuta, non soltanto quindi come stabilizzatori, ma anche spegnendo i sintomi psicotici, sul contenuto e la forma del pensiero e sui i comportamenti bizzarri tipici del Disturbo Bipolare di tipo I.

L’utilizzo di questi farmaci deve essere ben modulato e quindi seguito frequentemente dal medico al fine di trovare il dosaggio corretto che controlli i sintomi ma non sposti il quadro clinico nella fase depressiva.

L’altro stabilizzatore utilizzato con successo è il Litio sottoforma di sono i Sali di Litio, molto efficaci nello stabilizzare il tono dell’umore, nel ridurre le oscillazioni  maniacali e nel prevenire le ricadute depressive.

I Sali di Litio necessitano controlli da effettuare 3 o 4 volte all’anno che riguardano parametri come la funzionalità renale e la funzionalità tiroidea e richiedono l’esecuzione di un elettrocardiogramma una volta all’anno. Soprattutto è necessario valutare attraverso un prelievo ematico la quantità di litio presente nel sangue del paziente, la Litiemia, che deve rimanere entro parametri precisi, al di sotto di questi il farmaco non funziona mentre al di sopra  può diventare tossico.

Un’altra classe di farmaci utilizzata come stabilizzatori è quella degli Antipsicotici di seconda generazione o Antipsicotici Atipici di cui ricordiamo come esempi l’Olanzapina, il Risperidone, la Quetiapina e l’Aripiprazolo.

Queste molecole agiscono bloccando i recettori della dopamina, vengono utilizzati come stabilizzatori e anche per trattare i sintomi psicotici della fase maniacale.

La terapia con antipsicotici richiede il monitoraggio di alcuni parametri tra cui la valutazione del tempo QTc dell’elettrocardiogramma e il costante controllo dello psichiatra per la valutazione dell’evoluzione del quadro clinico e quindi della riduzione dei dosaggi.

 

Ovviamente non vanno dimenticate le benzodiazepine, cioè i farmaci ansiolitici, spesso accompagnati da un pregiudizio negativo ma in realtà molto utili se utilizzati nei dosaggi giusti, nelle fasi adeguate e per il periodo di tempo necessario.

Questi farmaci hanno un’azione ansiolitica ma anche un’azione ipnoinducente e miorilassante e spesso devono essere associati all’antidepressivo nella fase iniziale della cura di un episodio di Depressione.

Ricordiamo inoltre che un’adeguata alternanza sonno-veglia è estremamente importante sia nella terapia della Depressione che del Disturbo Bipolare di conseguenza l’utilizzo adeguato di benzodiazepine per indurre o favorire il sonno notturno è auspicabile e necessario in queste fasi.

Come abbiamo sopra ricordato con la graduale risoluzione del quadro clinico gli ansiolitici potranno essere ridotti e sospesi o utilizzati soltanto in caso di bisogno.

Negli ultimi anni sono state considerate efficaci ed inserite nelle linee guida del trattamento della Depressione anche altre terapie non farmacologiche che possono modificare in modo positivo il decorso di importanti fasi depressive o di pazienti  resistenti alla terapia farmacologica. Sono trattamenti che agiscono potenziando l’azione dei farmaci, quando questa non è sufficiente per risolvere il quadro clinico.

Ricordiamo in particolare la Stimolazione Magnetica Transcranica efficace nella Depressione Maggiore e anche nella fase depressiva del Disturbo Bipolare. Si tratta di una metodica sicura e del tutto non invasiva che viene effettuata in regime ambulatoriale.

In ultimo è corretto segnalare che, al giorno d’oggi, la terapia elettroconvulsivante o elettroshock (ECT) viene eseguita con modalità di assoluta sicurezza e senza nessun particolare disturbo per il paziente che viene brevemente sedato. L’utilizzo di questa terapia è assolutamente da considerare valido nei pazienti totalmente resistenti ai trattamenti farmacologici, evenienza rara fortunatamente ma possibile, pazienti che rispondono di solito molto bene alla terapia e che non avrebbero altre opportunità per guarire.

Cristina

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