La Violenza Domestica: caratteristiche e complessità del fenomeno
Definizioni e dimensione
Riferendoci alla Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne – Istanbul 11.05.2011 – punto b dell’articolo 3) “l’espressione violenza domestica designa tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali/precedenti coniugi/partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima”.
Nel presente articolo parleremo della violenza domestica come di una delle diverse forme di violenza nei confronti delle donne, osservabile come fenomeno sistemico; tuttavia, anche se nella maggior parte dei casi l’uomo risulta essere l’autore del maltrattamento, non sono da escludere casi di violenza domestica nei quali ne sia vittima (la violenza domestica può coinvolgere anche coppie non eterosessuali e persone non binarie). Con tale espressione si intende designare “una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica […]” (Convenzione di Istanbul – punto a dell’articolo 3).
Tale fenomeno risulta estremamente più diffuso (non esiste un prototipo di vittima di violenza) e globale di quanto si possa pensare.
In Italia, i dati del Ministero dell’Interno del 2021 indicano che nel 2020 sono state denunciate 88.821 violenze di genere, con un aumento del 2,6% rispetto all’anno precedente. La maggior parte delle vittime di violenza sono donne, e il 75% degli aggressori sono partner o ex partner.
Come si manifesta?
La violenza domestica può assumere diverse forme, che risultano il più delle volte verificarsi in concomitanza:
- violenza fisica: qualsiasi forma di aggressione fisica diretta a ledere il benessere fisico della persona che la subisce (es. schiaffi, pugni e calci);
- violenza sessuale: costrizione a compiere atti sessuali contro la propria volontà (es. stupro, molestie sessuali e coercizione sessuale);
- violenza psicologica: attraverso comportamenti intenzionali che causano danni emotivi (es. minacce, insulti, umiliazioni e silenzi imposti) e con l’isolamento dal resto dell’ambiente circostante;
- violenza economica: privazione dei propri diritti economici/finanziari o costrizione alla dipendenza finanziaria dal partner/da un altro membro della famiglia (es. controllo delle finanze e furto dei soldi).
Il Ciclo della Violenza
Il Ciclo della Violenza è da intendersi come “il progressivo e rovinoso vortice in cui la vittima viene inghiottita dalla violenza continuativa, sistematica, e quindi ciclica, da parte del partner” (L. Walker) e si sviluppa in tre distinte fasi:
- Fase di crescita della tensione: La vittima di violenza avverte la crescente tensione e tenta di evitare l’escalation cercando di prevenire e placare l’agire violento del partner, per esempio assecondandolo. L’ostilità però continua a manifestarsi, anche sotto forma di intimidazioni.
- Fase di maltrattamento: In questa fase esplode la violenza. Inizialmente la violenza può essere sotto forma di insulti, minacce e rottura violenta di oggetti. Il maltrattante agisce violenza fisica gradualmente: i primi episodi vedono spintoni, braccia torte, per poi arrivare a schiaffi, pugni e calci e all’uso di oggetti contundenti/armi. In questa fase, sovente per sottolineare il proprio potere, il maltrattante può agire violenza sessuale.
- Fase di luna di miele: L’autore di violenza chiede scusa. Sono frequenti regali e promesse, quali “andare in terapia” e “fare tutto il possibile per cambiare e per salvare la relazione”. Sono usuali anche le minacce di suicidio. Spesso si ridiventa colui di cui ci si è innamorati, mostrando affetto e attenzioni. Talvolta non si verifica una vera e propria luna di miele, ma verrà “offerta” una fase di tregua e di concessioni. Oltre a ciò, vi è lo scarico della responsabilità intesa come un’attribuzione di causa del comportamento maltrattante a motivi esterni (es. criticità economica). In tal senso, il maltrattante accusa spesso la partner di averlo provocato o di aver compiuto azioni che lo giustifichino.
Quando la violenza è radicata i cicli si ripetono come una spirale, crescendo d’intensità. Con il passare del tempo, la fase di luna di miele tende a ridursi. Il ciclo della violenza contempla, in altre parole, una continua alternanza di atteggiamenti ostili e violenti con comportamenti opposti di cura e affettività. È esattamente questa alternanza a rappresentare la trappola da cui può diventare difficile liberarsi.
Percorso di uscita dalla violenza e prevenzione
La conoscenza di tale fenomeno può permettere di riconoscere e di intercettare sia fattori di rischio intesi come campanelli d’allarme, che precedono spesso l’innesco del ciclo della violenza (es. atteggiamenti possessivi/di controllo e di pretesa di esclusività), sia richieste di aiuto, non sempre esplicite e dirette (soprattutto se in presenza del partner).
In merito al percorso di uscita dalla violenza, se svelata, si dovrà da subito ricevere informazioni sui servizi del territorio e della rete antiviolenza. Dovrà essere assicurata una rete di supporto che possa, dopo una valutazione della pericolosità, garantire scenari di protezione e accoglienza attraverso spazi sicuri e competenti, nei quali la vittima di violenza si possa sentire ascoltata senza giudizio e nel pieno rispetto dei propri tempi e della specifica storia di vita.
Passata la fase emergenziale di messa in sicurezza sarà importante procedere ad una fase di ricostruzione. Il percorso terapeutico potrà soffermarsi sulla consapevolezza dei maltrattamenti subiti e sulle conseguenze sia in termini di sintomatologia ansiosa, depressiva e di stress post-traumatico (clinico o sub-clinico), sia in termini di narrativa personale (possibile interiorizzazione delle critiche dell’Altro, assunte come proprie caratteristiche, sovente con conseguente abbassamento della propria autostima e tendenza all’autocolpevolizzazione). La persona potrà sentire di giocare un ruolo via via più attivo nella propria vita. Da protagonista delle proprie scelte si potranno così aprire nuove direzioni di progettualità e di autorealizzazione (es. nuove aperture nella rete amicale e nei rapporti interpersonali e recupero dell’autonomia personale ed economica).
Nondimeno, trattandosi di forme di discriminazione con radici socio-culturali non sempre immediatamente identificabili (che prendono forma per esempio nelle asimmetrie di potere, negli stereotipi culturali e nel linguaggio tuttora utilizzato), risulta di estrema importanza l’attuazione di un lavoro di prevenzione tradotto in progetti di sensibilizzazione alla valorizzazione delle differenze/della possibilità di autodeterminarsi ed educativi con tematiche quali la presenza di ruoli di genere stereotipati e di un linguaggio spesso sessista e minimizzante.
Articolo a cura della Dott.ssa Lucrezia Olivier
La dott.ssa Olivier Lucrezia, Psicologa-
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