IL DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO DA RELAZIONE
In questo articolo parleremo del Disturbo Ossessivo-Compulsivo da Relazione (DOC da relazione), ovvero di una manifestazione sintomatologica specifica del Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC). Il DOC risulta caratterizzato dalla presenza di ossessioni, compulsioni o dalla co-esistenza di entrambi gli aspetti (Criterio A, DSM-5, APA, 2013/2014). Qualora determinati pensieri, nonostante occorsi continui tentativi di neutralizzazione, risultino ripetitivi e indesiderati, causando significativo disagio e sofferenza, essi sono definiti pensieri ossessivi. Generalmente, tale manifestazione vede in risposta comportamenti o azioni mentali che, anche se eccessivi/non collegati in modo realistico con ciò che sono designati a neutralizzare, il soggetto si sente obbligato a mettere in atto al fine di prevenire/attenuare l’ansia o il disagio sperimentati. Tuttavia, queste strategie risultano perlopiù inefficaci e anzi spesso sembrano giocare un ruolo cruciale nel mantenimento e nell’aggravarsi della sintomatologia.
DOC da relazione – Che cos’è
Il disturbo ossessivo-compulsivo da relazione, così come definito dalla letteratura scientifica (Doron G., Derby D., & Szepsenwol O., 2014), ha come macro-tema la relazione affettiva e si manifesta attraverso pensieri continui e indesiderati, dubbi, preoccupazioni e immagini mentali che riguardano l’adeguatezza percepita:
- della stessa relazione intima e di quanto questa possa o meno rappresentare quella “giusta” (relationship-centered OC symptoms; Doron, G., Derby, D., Szepsenwol, O., & Talmor, D., 2012a).
A seguire, domande tipiche delle persone che soffrono di DOC da relazione:
“come mi sento con lui prova che sto vivendo la relazione che mi si confà?”
“quanto lo amo?”
“i miei sentimenti sono sufficientemente costanti/intensi?”
- della/del/_ partner in una serie di aspetti, come l’estetica, l’essere sociale, l’intelligenza, il “livello culturale” e la moralità (partner-focused OC symptoms; Doron, G., Derby, D., Szepsenwol, O., & Talmor, D., 2012b).
A distinguere tali pensieri dalle “classiche” preoccupazioni relazionali è il carattere di persistenza e di intrusività, proprio in quanto percepiti come inaccettabili e indesiderati dall’individuo, tanto da portare spesso a sentimenti di colpa e vergogna rispetto sia alla loro presenza, che al contenuto specifico.
“Non posso smettere di pensare se sono nella relazione giusta per me. Penso di amarla ma non riesco a non interrogarmi sui miei sentimenti! Questi dubbi mi perseguitano!”
Si tratta infatti di pensieri ed emozioni egodistonici, fonte di malessere o disagio significativo in quanto, pur essendo riconosciuti come propri, risultano in contrasto con le convinzioni individuali valoriali/sentimentali e con la percezione/l’immagine che la persona ha di sé.
Abitualmente si manifestano inoltre una serie di comportamenti più o meno visibili, che hanno lo scopo di alleviare lo stress significativo causato dalle interpretazioni negative dei pensieri intrusivi. L’individuo potrà mettere in atto:
- una continua osservazione e analisi dei propri pensieri/sentimenti rivolti verso la/il/_ partner/la relazione, come ad attuarne un costante controllo e messa alla prova;
- confronti delle caratteristiche dell’attuale partner con quelle di ex oppure di altre/i/_ partner;
- tentativi di rassicurazioni esterne (ad esempio nelle reti amicale e familiare);
- prove di autorassicurazione (“cerco di riguardare le foto di bei momenti trascorsi e tento di rievocarli”);
- una costante autocritica (“sono un egoista”);
- l’evitamento di specifiche situazioni sociali/attività.
Secondo gli autori (Doron G., Derby D., & Szepsenwol O., 2014) queste strategie mentali non risultano funzionali e anzi sembrano elementi determinanti nel mantenimento della sintomatologia, essendo protagonisti di un circolo vizioso che non fa altro che aumentare l’attenzione e il tempo dedicato alle preoccupazioni intrusive. Infatti, nonostante vengano attuati dall’individuo proprio con lo scopo di ridurre il connotato emotivo di cui sopra, paradossalmente tali comportamenti aumentano vulnerabilità pre-esistenti e mantengono credenze disfunzionali, facendo sì che queste si autoalimentino. Per esempio, l’autocritica può ridurre il sentimento di fiducia in sé stessi e la costante verifica dei propri pensieri/sentimenti è probabile si perpetui attraverso una riduzione della capacità di stare in ascolto rispetto al proprio sentire autentico.
DOC da relazione – L’assoluta certezza
“Non possiamo mai sentirci assolutamente sicuri: qualunque cosa decidiamo, nei nostri calcoli dobbiamo lasciare spazio all’ignoto, all’imprevisto, perché tutte le azioni hanno un carattere indefinito. Se davvero cercassimo la piena certezza dovremmo smettere di agire.”
(Straus, 1948/2006)
Dalla letteratura (Doron G., Derby D., & Szepsenwol O., 2014) sembra emergere come un ruolo centrale nello sviluppo e nel mantenimento del DOC da relazione sia rivestito da specifiche credenze disfunzionali che hanno a che fare con un particolare schema normativo/morale al quale l’individuo sente di dover aderire e che determina il come si dovrebbe esperire una “giusta” relazione di coppia, portando a pensare che la propria relazione e/oppure la/il/_ partner non siano come dovrebbero essere. Tali credenze includono pensieri/dubbi tendenti all’estremizzazione (“oggi non sento di essere attratta, vuol dire che non mi piace più?”) e irrealistici rispetto a come l’amore dovrebbe essere (“se non mi manca quando siamo per un po’ lontani vuol dire che non lo amo abbastanza”, “se non sono super contento quando sto con lui significa che non è amore vero”). All’attivazione del dubbio, seguendo sofferenza e successivo comportamento volto a contrastare tale connotato emotivo, non assisteremo ad una modifica della credenza cognitiva, che al contrario tenderà ad irrigidirsi nel tempo. Un passo da compiere sarà dunque quello di imparare gradualmente a tollerare lo stato del dubbio senza attuare strategie che cerchino di contrastarlo, imparando a considerare come non possa realmente esistere l’assoluta certezza del proprio sentimento e la costanza quotidiana del proprio sentire. In linea a quest’ultimo aspetto, le ossessioni, che possono iniziare anche nelle prime fasi della relazione, sembrano esacerbarsi nel progredire della stessa e proprio quando raggiunte specifiche tappe di vita, corrispondenti talvolta a determinati eventi (quali l’inizio della relazione, il matrimonio, il progetto di genitorialità, il mutuo), nelle quali si può osservare spesso uno scompenso sintomatologico. Tali eventi, rappresentando investimenti relazionali, delineano situazioni nelle quali per l’individuo con DOC da relazione risulta ancora più indispensabile l’assoluta certezza – realmente non raggiungibile – della relazione e della/del/_ partner.
DOC da relazione – Ulteriori passi da compiere
Dato quanto fin qui illustrato, appare chiara l’importanza di comprendere, da parte dell’individuo con DOC da relazione, la propria manifestazione sintomatologica, anche al fine di diventare via via più consapevole dei circoli viziosi descritti e dell’inefficacia delle strategie messe in atto. Questo aspetto, che si ritiene utile affrontare in un percorso terapeutico individuale (non escludendo nel frattempo, qualora ritenuto adatto, di coinvolgere la/il/_ partner nei progressivi passi compiuti), può prevedere momenti di approfondimento personale (meglio se guidato dalla/dal/_ specialista). Tale fase informativa su quali siano le caratteristiche del disturbo, permette di dare una cornice di senso a specifici pensieri/comportamenti attuati, anche discriminandoli eventualmente da “classiche” preoccupazioni e azioni relazionali o da altre forme di rimuginio ossessivo concernente l’investimento della/del/_ partner. Inoltre, saranno necessari spazi di lavoro nei quali provare a contestualizzare, dare significato e a modificare le tendenze acquisite, sperimentando anche nuovi modi di stare in quell’esperienza, per esempio, come anticipato prima, imparando a rimanere nello stato di dubbio e a significare come mai sembri così intollerabile abitarci. Sarà altresì importante comprendere ed accettare gradualmente come la relazione possa essere di per sé un’assunzione di rischio nella quale tollerare l’incertezza, imparando al contempo a fidarsi delle proprie capacità di scelta, senza necessità di metterle costantemente alla prova.
American Psychiatric Association. (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders. Fifth edition. (DSM-5). Washington, DC: APA (trad. it.: DSM-5, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Quinta edizione. Milano: Raffaello Cortina, 2014)
Doron, G., Derby, D., Szepsenwol, O., & Talmor, D. (2012a). Tainted love: Exploring relationship-centered obsessive compulsive symptoms in two non-clinical cohorts. Journal of Obsessive-Compulsive and Related Disorders, 1(1), 16–24. https://doi.org/10.1016/j.jocrd.2011.11.002
Doron, G., Derby, D., Szepsenwol, O., & Talmor, D. (2012b). Flaws and all: Exploring partner-focused obsessive-compulsive symptoms. Journal of Obsessive-Compulsive and Related Disorders, 1(4), 234 243. https://doi.org/10.1016/j.jocrd.2012.05.004
Doron G., Derby D., & Szepsenwol O. (2014). Relationship obsessive-compulsive disorder (ROCD): A conceptual framework. Journal of Obsessive-Compulsive and Related Disorders, 3, 169-180
Straus, E. (1948). On Obsession: a clinical and methodological study. New York: Nervous and mental disease Monographs, 73. (trad. it.: Sull’ossessione: uno studio clinico e metodologico. Roma: Giovanni Fioriti Editore, 2006)
Articolo a cura della Dott.ssa Lucrezia Olivier
La dott.ssa Olivier Lucrezia, Psicologa-