Pseudodemenza Depressiva

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Pseudodemenza Depressiva

 

La Pseudodemenza è una forma particolare di Depressione caratterizzata da importanti deficit cognitivi dovuti ad un sottostante disturbo dell’umore.

In queste forme depressive prevalgono i disturbi della memoria, dell’attenzione e della concentrazione, mentre gli altri sintomi depressivi fanno da sfondo in modo più sfumato.

È quindi una sindrome che presenta deficit cognitivi non causati da disturbi organici ma dall’episodio depressivo e come tale è curabile e reversibile.

Le particolari caratteristiche cliniche di questa condizione hanno fatto sì che, per molto tempo, queste depressioni venissero confuse con forme di demenza, dovute a situazioni di alterazione anatomica dell’encefalo e quindi molto diverse per eziologia, terapia e soprattutto prognosi.

 

Specialmente nei pazienti anziani questo quadro clinico, dove si associano calo del tono dell’umore e sintomi cognitivi evidenti, può indurre ad errori diagnostici.

È quindi indispensabile procedere ad una diagnosi differenziale corretta al fine di attuare la terapia adatta.

 

Una precisa diagnosi è resa complessa dal fatto che le due patologie possono coesistere.

La depressione costituisce infatti un fattore di rischio per lo sviluppo del morbo di Alzheimer e la sintomatologia depressiva insorge frequentemente in conseguenza della diagnosi di demenza.

Ecco quindi la necessità di un approccio multidisciplinare in cui il medico psichiatra e il neurologo possano collaborare e integrare le proprie competenze.

 

Ricordo anche che i disturbi cognitivi sono caratteristici nella Depressione e vengono praticamente sempre lamentati dal paziente, soprattutto la difficoltà di concentrazione e la riduzione della memoria.

A volte questi deficit sono così intensi che nei più anziani può essere complesso discriminare se il paziente soffre di depressione o di un disturbo di tipo neuro-cognitivo, come un inizio di demenza (Mild Cognitive Impairment).

Fortunatamente i clinici hanno a disposizione diversi strumenti diagnostici.

Innanzitutto una attenta anamnesi ed esame psichico che indaghino le specifiche caratteristiche del quadro clinico, le modalità di insorgenza, la prevalenza di un sintomo sugli altri ed anche la storia clinica pregressa del paziente in quanto la presenza di precedenti episodi depressivi può indirizzare verso il corretto inquadramento. Spesso, infatti, i pazienti affetti da pseudodemenza depressiva presentano in anamnesi altri eventi psicopatologici depressivi. Anche l’anamnesi famigliare è importante.

Possono essere utilizzate scale di valutazione standardizzate come la Mini-Mental State, che indaga le funzioni cognitive o questionari che valutino i sintomi depressivi o ansiosi come le Hamilton Rating Scale. Esistono comunque sia in psichiatria che in neurologia numerosi test che indagano le funzioni neuro-cognitive e che sono estremamente utili per discriminare la due condizioni cliniche.

Un aiuto, ai fini della diagnosi differenziale, può giungere anche dalle metodiche di neuro-indagine come la Risonanza Magnetica e dall’Elettroencefalogramma dove si riscontrano tracciati specifici e differenti nei soggetti con demenza di Alzheimer e nei pazienti affetti da Pseudodemenza depressiva.

 

Anche la attenta valutazione dei sintomi e i criteri clinici possono orientare verso la corretta diagnosi.

Ad esempio i soggetti con Pseudodemenza hanno una maggior tendenza ad avere disturbi del sonno, soprattutto risvegli precoci e generalmente quote importanti di ansia, spesso somatizzata a livello viscerale. La coscienza di malattia è intatta e il paziente riconosce e soffre per i suoi sintomi.

I pazienti affetti da demenza hanno invece maggiori livelli di disorientamento spazio-temporale e spesso una ridotta consapevolezza di malattia con una minimizzazione dei deficit da parte del paziente. Spesso in questi casi l’esordio è lento ed insidioso ed è presente una importante compromissione della attenzione e della memoria a breve termine.

 

Nel caso delle Pseudodemenze, invece, l’esordio è più databile nel tempo, il paziente riferisce di avere i sintomi a partire da un definito momento e solitamente la sintomatologia si manifesta nel giro di poco tempo.

 

Il trattamento con farmaci attivi sul tono dell’umore è fondamentale e indispensabile nei casi di Pseudodemenza che rispondono bene alla terapia con antidepressivi.

La corretta terapia conduce alla risoluzione del quadro clinico e dei sintomi cognitivi indotti dalla patologia depressiva sottostante.

 

Anche nelle demenze i pazienti ricevono spesso un trattamento con antidepressivi nel tentativo di ridurre i sintomi dell’umore spesso presenti in comorbidità. In questi pazienti gli studi evidenziano purtroppo che l’efficacia di questi farmaci è limitata.  Le possibilità terapeutiche sono a tutt’oggi modeste.

Nella Pseudodemenza l’obiettivo è quindi la remissione e la guarigione, mentre nelle forme neurodegenerative la terapia serve a rallentare la progressione dei sintomi e a migliorare un quadro clinico ingravescente.

Sulla Pseudodemenza non c’è ancora una adeguata attenzione sia da parte dei clinici che dei ricercatori, mancano ancora molte conoscenze in merito e questo porta troppo spesso ad una sotto valutazione del disturbo e ad una mancanza di diagnosi e di terapia adeguate.

La depressione costituisce invece una delle principali cause di malattia, e anche di suicidio, nella popolazione anziana e rimane una patologia il più delle volte ben curabile e guaribile.

 

La dott.ssa Cristina Selvi, Psichiatra e Psicoterapeuta, si occupa di PsichiatriaPsicoterapiaOmotossicologia a Milano presso lo Studio Psichiatria Integrata in piazza Gorini 6.

Cristina

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