Il Malato Immaginario

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Il malato immaginario

 

In anatomia il termine ipocondrio è utilizzato per identificare una parte dell’addome. Da questo ha origine il termine Ipocondria per indicare il disturbo ansioso che si manifesta con il timore delle malattie e con sintomi di vario tipo, il più delle volte a carico dall’apparato gastrointestinale.

Il paziente ipocondriaco è preoccupato, spesso convinto, di soffrire di una malattia fisica, costantemente concentrato sui messaggi e le sensazioni che percepisce dal corpo e che interpreta in modo negativo.

Qualsiasi percezione, benché fisiologica e normale, genera la preoccupazione che si tratti del sintomo di una grave malattia. Questo modo di pensare al proprio corpo come malato o come potenzialmente incline ad ammalarsi, permane nonostante le numerose rassicurazioni fornite da medici specialisti ed esami diagnostici. L’ansia persiste nonostante il paziente possa, a volte, comprendere l’infondatezza di tanta preoccupazione. Più tipicamente nell’ipocondria il paziente non è assolutamente in grado di riconoscere che la sua angoscia è infondata e irragionevole.

 

Manifestazioni

 

I pazienti affetti da questo particolare disturbo ansioso sono allarmati da ogni piccola sensazione fisica, anche se si tratta di normali sensazioni propriocettive di cui solitamente non siamo consapevoli e che rimangono al di sotto del livello di coscienza.

È caratteristico il bisogno ossessivo di controllare la ritmicità del proprio battito cardiaco e la funzione del cuore in genere, il paziente può essere preoccupato da un banale raffreddore o per piccolo disturbo intestinale. Frequente è anche una focalizzazione e il controllo esagerato delle funzioni evacuative. Un’altra manifestazione dell’ansia ipocondriaca è il timore, o la convinzione, di avere una parte del corpo fragile e delicata (schiena, gola, intestino, bronchi) e la conseguente paura di potersi ammalare più facilmente degli altri.

Questi soggetti quindi tendono ad evitare viaggi e spostamenti, o ad affrontarli con disagio, qualcuno può evitare di andare a mangiare al ristorante, possono essere preoccupati dalle condizioni del tempo per il timore che possa aggravare il loro stato di salute.

Queste persone avranno quindi un modo di affrontare la propria ansia che va dall’eccessiva prudenza fino all’evitamento vero e proprio di tutta una serie di situazioni da loro ritenute potenzialmente pericolose e dannose.

Nei casi gravi i pazienti possono spendere molto tempo, e molto denaro, per visite e consultazioni mediche, possono sottoporsi a diversi controlli strumentali ed esami anche invasivi, che, per quanto negativi, non sono mai risolutivi sull’ansia del paziente che difficilmente si placa, anzi si sposta da una parte del corpo ad un’altra.

Sono pazienti che tendono a recarsi con notevole frequenza dal proprio medico di famiglia o al pronto soccorso, soprattutto per preoccupazioni che riguardano la possibilità di avere un infarto.

Per alcuni di loro, anche soltanto sentire parlare di malattie o di qualcuno che conoscono che si è ammalato, rappresenta fonte di angoscia.

Frequentemente i pazienti che soffrono di questa forma di ansia sperimentano un certo livello di preoccupazione anche per quanto riguarda la salute delle persone a loro care.

Vanno considerate come forme di ansia ipocondriaca anche quelle situazioni in cui il timore di scoprirsi ammalato fa sì che alcuni tendano a rifiutare o ritardare di rivolgersi al medico, evitando di eseguire eventuali approfondimenti necessari e consigliati.

 

Cause

 

La fobia delle malattie può essere causata da esperienze traumatiche non adeguatamente elaborate, come una malattia importante nella propria infanzia o la malattia di una figura di riferimento. Anche la morte di un genitore durante l’infanzia può esporre ad una maggiore probabilità di sviluppare questa forma di ansia.

Nella genesi di questo disturbo è anche determinante il clima famigliare. Spesso questi pazienti sono cresciuti con genitori a loro volta ansiosi e con un atteggiamento di eccessivo controllo e ipervigilanza, in generale con una attitudine preoccupata e pessimistica nei confronti della vita.

Sono genitori che tendono a comunicare messaggi, verbali e non, di pericolo per la salute e di eccessiva prudenza, inducendo nel figlio la percezione di essere fragile e costantemente in pericolo.

 

Come si cura

 

L’ipocondriaco presenta un deficit dei processi di mentalizzazione, cioè della capacità di pensare e di dare un nome al suo disagio emotivo, che quindi somatizza, esprime cioè attraverso il corpo, per questo motivo può rifiutare a lungo di considerare o accettare l’ipotesi di rivolgersi ad uno psichiatra.

La terapia deve prevedere sempre un approccio integrato farmacologico associato ad una psicoterapia. Spesso il malessere del paziente è talmente radicato e marcato che la psicoterapia non può avere effetto se non si cura inizialmente questa forma di ansia con i farmaci.

Solo più avanti, quando il paziente avrà stabilito una relazione terapeutica di fiducia e sostegno, si potrà iniziare a rimodulare e ridurre la terapia farmacologica.

Da un punto di vista medico l’ipocondria si cura con farmaci Serotoninergici, che regolano la disponibilità di questo neurotrasmettitore, potenziando la sua azione. Non tutti i Serotoninergici sono ugualmente validi in questo disturbo, è preferibile scegliere una molecola con un profilo non troppo attivante ma piuttosto lievemente ansiolitico, come la Paroxetina o la Fluvoxamina.

Come in tutti i disturbi d’ansia la risposta clinica è buona ma richiede un tempo di latenza che va da 4 a 6 settimane, durante le quali il paziente deve essere ben supportato dal terapeuta e, talvolta aiutato con la prescrizione di benzodiazepine ad azione ansiolitica.

Uno dei problemi più frequenti che il medico psichiatra incontra nel motivare questi pazienti ad assumere la terapia, è proprio il loro timore che anche le medicine possano nuocere al loro organismo.

 

La psicoterapia è un’indicazione assoluta in questa patologia, ancor più nei soggetti giovani in cui è ancora più facile un cambiamento della struttura fobico-ossessiva.

L’obiettivo è di rendere il paziente consapevole dei conflitti che stanno alla base del disagio somatizzato e anche di modificare i modelli di pensiero e d’interpretazione dei messaggi corporei. La terapia migliore dovrebbe contenere sia tecniche volte al riconoscimento di conflitti inconsci che tecniche di tipo supportivo e cognitivo-comportamentale, quindi un modello di terapia non rigido ma che si adatti di seduta in seduta al bisogno e alla capacità del singolo paziente.

Per questi soggetti sono, inoltre, molto efficaci esperienze che li portino ad usare e percepire il loro corpo in modo attivo e consapevole, come le pratiche di yoga, pilates, tecniche di rilassamento e in generale ogni sana attività fisica che permetta loro di prendere contatto con il corpo come generatore di benessere e non soltanto di malattia o preoccupazione.

 

La dott.ssa Cristina SelviPsichiatra a MilanoPsicoterapeuta e Omotossicologa, si occupa di Psichiatria, Psicoterapia e Medicina Omotossicologica per la terapia dell’ansia. Ha fondato lo Studio Psichiatria Integrata al fine di promuovere un approccio integrato  fra varie discipline e metodi, che fornisca alla persona una risposta il più adeguata, più personalizzata e più corretta possibile in un momento di difficoltà della propria vita.

Cristina

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